Fare Voci marzo 2019

Voce d’autore———————-

Di guerra, fiume e sogno

Faruk Šehić, l’impossibile quiete dopo la tempesta

di Giovanni Fierro

Sono ritornato su questo libro dopo un po’ di tempo. Avevo ben impresso ciò che il leggerlo mi aveva provocato, e di quanto mi sia piaciuto. Ritornare su queste pagine, rileggere alcuni passaggi che avevo segnato, mi ha fatto venire i brividi.
Perchè ”Il mio fiume‘ del bosniaco Faruk Šehić è un libro che lascia il segno.
Racconta in prima persona la sua esperienza con la guerra, con quella fiammata che ha bruciato i paesi della ex Jugoslavia nei primi anni novanta, che ha seminato e alimentato odio, che ha diviso persone e popoli che fino al giorno prima avevano convissuto, pacificamente.
Questo libro è una narrazione che si immerge in quei giorni, che fa venire a galla quella tremenda esperienza.
Ma è anche un libro che parla al nostro presente, che vuole trovare una possibile soluzione a tutti quei demoni che la guerra fratricida in Jugoslavia ha dato vita.
E poi c’è una dimensione quasi onirica, che contiene e supporta queste pagine di dolore; e c’è un fiume, l’Una, che per Faruk Šehić è sinonimo di saggezza, di possibile colloquio e presenza benefica. Non solo come rimando ai tempi sereni dell’infanzia, ma anche attuale e costante voce da ascoltare, con i suoi segreti e le sua magie.
”Il mio fiume“ è un libro importante, lettura consigliata per conoscere angoli inesplorati del dramma umano, dove la scrittura è l’unico collante con cui tenere assieme i vari pezzi sopravvissuti.
Il libro ha vinto il Premio Letterario dell’Unione Europea.

(nota di merito all’ottima traduzione in italiano di Elvira Mujčić, a cui va un particolare grazie per l’aiuto fondamentale ad intervistare l’autore)

Da libro:

”I ricordi sono così brutti che si paralizzano da soli. Ogni cosa che ricordo mi intima di smettere, di tornare indietro con la storia. Vedo il letame fumante dei cavalli sull’asfalto di via Tito. Il tintinnio dei loro zoccoli, l’instancabile e scoraggiante andare e venire della depressione. La pioggia cade per giorni al ritmo dei ferri dei cavalli. So che posso vincere la sensazione di nausea e so che posso vedere tutto con colori più belli, ma mi sembrerebbe di tradire il desiderio di scrutare il passato senza compromessi.”

”Gente, devo ammetterlo: ho ammazzato un uomo. Non uno solo, ma molti. Quando spari non hai nessun tipo di preoccupazione. (…) Quando sparo mi sento come un Anticristo. Emano soltanto ciò che è contrario alla misericordia.”

”C’è chi sa prevedere il futuro leggendo i fondi di caffè, io ho imparato a guardare i pesci.”

”Per questo ho mandato al diavolo i paesaggi futuristici dei centri commerciali, le palme biomeccanice situate sulle rive di un mare dietetico. Per questo mi sono rifiutato di bere intrugli per l’immortalità del viso e dei genitali. Ho detto addio alla depressione neoliberista. I miei demoni non abitano il mondo di oggi. Vi offriranno come modelli il progresso e il benessere di nazioni rigorosamente controllate e voi pagherete con l’oblio. Io non perdono, non dimentico e ricordo tutto. Scrivere significa parlare, tenere discorsi davanti a un pubblico invisibile e questa è la mia piccola cattedra. Non vedo un’altra maniera di lottare per il diritto alla memoria.”

”Ma nessuno di noi emerge in superficie, tranne i matti e i morti.”

”Lo smarrimento e la disperazione si sono impossessati della nostra barca, i primi giorni di guerra sono una rosa appena sbocciata, siamo bombi ubriachi.”

”Conoscevo un anziano. In ogni prigioniero che colpiva vedeva suo figlio morto. A ogni colpo si consumava, si rimpiccioliva, come se avesse fretta di incontrare suo figlio.”

”Non eravamo forse tutti nelle stesse condizioni subito dopo la guerra? Inconsapevoli di essere stati corrosi, eppure pieni dell’adrenalina folle dei sopravvissuti.”

 

Intervista a Faruk Šehić:

La storia che hai scritto, ”Il mio fiume”, sembra un sogno. È la giusta distanza per te, per parlare di tuoi avvenimenti così dolorosi e personali?
Questa consideraziona la ritengo un complimento, perchè da sempre mi piace il surrealismo, ed ogni cosa correlata con la fantasia del sogno, i mondi inventati delle favole e la cultura sci-fi. Il sogno è un qualcosa che non puoi distruggere. Molti capitoli di questo libro mi sono prima apparsi in sogno, poi li ho trascritti sulla carta.
Ad oggi sono venticinque anni da quando scoppiò la guerra in Bosnia. È un tempo abbastanza ampio per pensare alla guerra, alla vita e alla morte. In molte delle mie poesie e racconti, ho trattato la guerra come argomento centrale. È stato naturale scrivere un romanzo dopo diversi libri di poesia e raccolte di racconti. È un romanzo sulla guerra, ma la guerra è solo una magnifica scenografia, un rumore di sottofondo per tante piccole storie, dove puoi anche trovare la natura, piante, pesci, uccelli, etc….

Il fiume porta con sè un qualcosa di magico. Cosa lo fa essere così?
Perchè il fiume Una è veramente fantastico; per il suo colore, le sue correnti, il suo fondale, l’Una è pieno di vita che neanche la guerra è riuscita e togliere dalle sue acque. Noi, gente dell’Una, crediamo alla sua acqua segreta e curativa.
Dovresti vederla l’Una, e poi potrai capire che tipo di acqua è.

Questa storia che hai scritto è piena di altre storie, che si muovono al suo interno. È stata l’idea di partenza?
No, avevo l’idea di un romanzo sulla natura. Senza persone, senza società, solo fatto dalla natura. Ma ho fallito in questo proposito. Quando vuoi scrivere il tuo primo romanzo, desideri metterci dentro di tutto; e questo vale specialmente per me, mi piace il tipo di letteratura alla Borges. Come nei suoi racconti contenuti nel suo famoso libro ”L’Aleph”.

Qual è la relazione tra questo libro e il tuo scrivere poesia?
La poesia è stato un esercizio per il romanzo. Le poesie sono piccoli spazi pieni di significato e metafore; il romanzo è il regno, uno spazio grande come l’universo.

Questo libro è stato un lavoro sufficiente abbastanza per farti raccontare tutta la tua esperienza di guerra? O c’è qualcosa che ha ancora bisogno di trovare la propria forma e narrazione?
Si possono mettere tutti gli argomenti possibili in un solo libro; ma io continuerò a scrivere di guerra, ma non di quella in Bosnia, perchè a chi interessa… Sono interessato nella guerra globale, nella vita che ne rimane dopo, nella vita post apocalisse.

In un passaggio del libro parli della tua completa fiducia nello scrivere. Cosa significa per te?
La letteratura è tutto per me. Non sono una persona ordinaria che potrebbe fare l’avvocato, o qualcuno che lavora come copywrighter in una grossa azienda dell’ovest, e che decide di scrivere della sua esperienza di insider. Non sono uno scrittore part time.
La letteratura è più grande della vita, più grande di te e di me. È ben oltre l’ordinaria vita umana. Ha a che fare con le cose segrete e con lo splendore metafisico della vita umana di ogni giorno.
Molte volte la letteratua ha letteralmente salvato la mia vita. Così credo nella letteratura.

 

l’autore:
Faruk Šehić, poeta, scrittore e giornalista bosniaco, è nato nel 1970 a Bihac e cresciuto a Bosanska Krupa.
Ha studiato veterinaria a Zagabria fino allo scoppio della guerra in Bosnia nel 1992, quando ha fatto ritorno per arruolarsi nell’Esercito della Bosnia Erzegovina.
Durante il conflitto è stato comandante di un’unità di centotrenta soldati ed è stato ferito gravemente a un piede.
Dopo la guerra ha studiato Letteratura all’Università di Sarajevo. Lavora come giornalista per il settimanale BH Dani.
E’ considerato una delle voci più autentiche e poetiche della ex-Jugoslavia; pone al centro della sua opera l’esperienza della guerra, raccontandone la quotidianità, la brutalità, ma anche l’umanità con uno stile sobrio e poetico.
Ha pubblicato: ”Poesie in divenire” (Sarajevo, 2000), ‘‘Hit Depot” (Sarajevo, 2003), ”Sotto pressione” (racconti brevi, Sarajevo-Zagabria 2004), ”Transsarajevo” (Zagabria, 2006).
Il suo primo romanzo ”Il mio fiume” (Buybook Sarajevo, 2011) ha vinto il premio Meša Selimovic nel 2012 e il Premio dell’Unione Europea per la Letteratura nel 2013.

(Faruk Šehić ”Il mio fiume“, Mimesis, pp. 203, euro 16, 2017)

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